Grovigli



Roots Grovigli 1


Nella sfera onirica di Aloe Vera

dimora una figura importante

che poter riabbracciare è per lei una chimera:

della defunta mamma conosciuta come La Vanda

quel poco che ricorda lo sogna soprattutto in branda.

 

Un angelo custode che profuma di pulito,

una gradevolezza persistente nelle narici

in grado di alleviare al risveglio un dolore non ancora sopito.

 

Considerata la sfiorita felicità difficile da riesumare,

la figlia vorrebbe almeno la verità, sulla scomparsa della madre esemplare,

ingoiata in un pomeriggio di primavera dal nulla,

dando origine all’irrisolvibile enigma

per il quale si sente autorizzata a comportarsi da bulla.


Roots Grovigli 2


Una ferrea disciplina da caserma

contraddistingue il bizzarro papà di Aloe Vera,

capofamiglia miope, distinto

e inflessibile dall’alzabandiera alla sera.

 

Garofano di nome, rigido quanto un chiodo

e testimone di un misfatto,

lo assilla una martellante preoccupazione

che lo fa spesso dare di matto.

 

L’unico amico è una creatura ciclopica e ipocondriaca

che sta nascosta nella cuccia preservando la natura bieca e demoniaca.

Terrorizzato infatti dall’idea di uscire allo scoperto rischiando l’abbandono,

Crauto, il coso domestico della famiglia Vera,

interagisce col mondo esterno tramite un interfono.

 

Nel buio della paura custodisce di Garofano il tremendo segreto

che vorrebbe poter esprimere, nonostante la lingua incomprensibile,

tra il serio e il faceto:

il padrone di casa, proprietario delle onoranze funebri Crisantempo,

dallo slogan Sempre pronti al contrattempo,

nell’età in cui la figlia doveva sbocciare in adolescenza,

un pomeriggio si macchiò di un delitto senza commettere violenza.

 

Nell’agenzia del marito, accusabile di tutto fuorché di misoginia,

in prossimità di una bara aperta La Vanda venne colta da un attacco di narcolessia.

Ingannato dalla vista guasta e frettoloso di concludere la giornata,

Garofano la chiuse dentro, scambiandola per una pianta che se n’era andata.

 

Trapassata per il madornale errore,

dell’assenza i Vera si accorsero quando i clienti lamentarono

la mancata sepoltura del loro fiore.

Non avendo il coraggio di ammettere la mortale leggerezza,

il boss trafugò la bara, facendo sparire la defunta con destrezza,

e, avvalorata l’ipotesi della misteriosa sparizione,

riservò all’impotente, innocuo Crauto l’esclusiva della confessione.


Roots Grovigli 3


Il braccio sinistro di Garofano alla Crisantempo

si chiama Narciso ed è un noto perditempo.


Roots Grovigli 4

Peculiarità del giovane virgulto

è l’ombra da lui svincolata per non si sa quale indulto.

Vivo, a modo suo,

pur non proiettando alcuna sagoma scura

che gli permetta di agire in un duo,

è un individuo controverso

che non prende abbagli

e non tollera chi lo reputi diverso.

 

Del resto Narciso è il figlio di Passiflora,

sorella maggiore della defunta madre di Aloe,

la cui sparizione anche lei addolora.


Roots Grovigli 5

Single convinta e amante dello yoga,

da anni è una politica demagoga,

ma fu molto prima della popolarità

che lo strano figlio nacque in promiscuità.

 

All’epoca in cui si dilettava a fare la stilista

di una linea d’abbigliamento per taglie forti,

venne rapita da un balordo col quale ebbe ripetuti rapporti,

forse di paura colma

o, come asserisce lei, vittima della sindrome di Stoccolma.

 

Presa in ostaggio,

con una famiglia che non voleva pagare il riscatto,

per ripicca si era buttata appunto

tra le braccia del sequestratore esterrefatto.

 

Questi, trovandosi a sua volta soggiogato,

decise di rimetterla in libertà stremato

e completamente svuotato;

dandosi così alla macchia,

dopo averla scaricata fuori dal mezzo in corsa,

a inveire in prossimità di un’ordinaria betulla,

del frutto di un amore rubato non avrebbe mai saputo nulla.


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Se Passiflora è una passiva aggressiva sottomessa,

la matrigna buona di Aloe Vera non è affatto repressa.

Sensibile anima colta dall’alto profilo

è una leader fin dai tempi dell’asilo.

 

Affermata gallerista, che d’arte s’intende, eccome,

di Gioconda risponde al nome,

e di Monna Lisa emula l’enigmatico sorriso,

la versione di sé oltre la facciata scrostabile,

un alter ego su tela insito nel viso.

 

Capace di far quadrare i colori della vita e il bilancio familiare,

è soggetta alla sindrome di Stendhal, a quanto pare.

 

L’empatia è per lei un’installazione

da esperire attraverso la tridimensionalità di celebri volti,

una realtà a parte dove le cornici sono trascurabili risvolti.

 

Nei selfie indugia l’invecchiamento ritraendosi di tre quarti,

entra ed esce dai dipinti disinvolta

come quando intrattiene gli ospiti ai fastosi party.

 

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Ad esempio, dovendo riunire la famiglia,

dato che è pronta la cena,

del Botticelli scomoda la Nascita di Venere

allestendo una rinascimentale messinscena.

 

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Se con autorevolezza deve intimare ai figli

di riordinare le stanze,

di Munch si avvale per esporre con L’urlo

espressionistiche lagnanze.

 

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Esaurita l’arrabbiatura si inorgoglisce della tempra

sotto la vernice da ragazza tutto pepe,

per ravvivare il rapporto col marito

indossa nel burlesque la maschera di Van Gogh,

lasciando solo il cappello su e il buio del pregiudizio altrui oltre la siepe.

 

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Soddisfatta del ménage coniugale,

riacceso con ben assestati, salaci giochetti,

comparandosi con la prima Giuditta di Klimt

si vanta di saper far perdere la testa a un maschio,

prendendolo per la gola senza manicaretti.

 

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Le muse inquietanti di de Chirico

calza a pennello la metafisica del parrucchiere,

dal quale, appena può, corre a farsi colpi di sole e messa in piega,

perché nessuna consuetudine è ancestrale quanto lo smodato pettegolezzo

che una dama in modalità shatush al suo shampista lega.

 

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Un’acconciatura all’ultimo grido non basta

a guarire dalla noia della routine,

dunque si smarca ricorrendo a solitari, alcolici cin cin.

Patisce inoltre una torrida apatia

che contrasta con il ventaglio della cultura

alleviando la malinconia,

e allungando il collo, per sbirciare curiosamente alla vita,

assume del Ritratto di Lunia Czechowska di Modigliani

l’aria elegante e smarrita.

 

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Non di tutti i vizi si può fare virtù,

per Gioconda quello del fumo è un argomento tabù.

Se le viene rimproverato di esagerare in nicotina,

lei seccata risponde Smetto quando voglio,

pensa a te, che ti fai di caffeina!

e di Otto Dix il Ritratto della giornalista Sylvia von Harden

usa a manifesto,

per svincolarsi, nella libertà d’azione,

dal quotidiano indigesto.

 

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Emanando tanta energia, è Kahlo,

l’intuibile modello cui si ispira,

essendo Frida, tra tutte le eroine,

colei che maggiormente ammira.

In particolare in Autoritratto

con collana di spine e colibrì si rispecchia,

ed è convinta che la forza femminile sia l’unico rimedio

all’isterismo che prematuramente invecchia.

 

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AAA cercasi apprendista,

Gioconda l’imprenditrice attinge

alla risorsa di un già testato stagista.

 

Agevolata dal contratto di convenienza

assume Radicchio il figliastro,

aspirante curatore di mostre

che nel settore si rivela da subito un disastro,

affermando in pubblico,

con la tracotanza di chi non conosce la gavetta,

che vernissage indica una compilation vintage,

disponibile in vinile e musicassetta.

 

Fruitore di un mondo d’asporto su disco e chiavetta,

di accattivanti playlist e streaming on demand,

a corollario di social che usano gli algoritmi di una setta,

eternamente connessi i seguaci online si percepiscono d’alto lignaggio,

così pure lui si fa un gran bel viaggio.

 

Lungi dal generalizzare sui Millenials

dai neuroni reattivi a gif

predisposti a portare il cervello all’ammasso,

la globalizzazione presenta il conto

di un congruo contrappasso,

stabilito nello scambio dell’affidabile e-commerce

che velocemente tutto dà

per poi sponsorizzare la precarietà.

Complicazione insorta anche per Radicchio,

non confermato oltre il periodo di prova

da Gioconda la gallerista,

poco incline alla comprensione materna,

viceversa negli affari astuta arrivista.

 

Non si perde d’animo,

il fratello maggiore di Aloe Vera menefreghista,

rinfrancato dalla creatività da promettente musicista.

 

Costretto ad ammettere, dopo una serie di audizioni andate male,

che cantare sia per lui più un hobby che un fattibile mestiere,

ripiega sulla professione di organizzatore di eventi

con la missione di elargire piacere.

 

Per il dinamismo richiesto nelle pubbliche relazioni

si riduce all’assunzione del costoso zafferano

che migliora le prestazioni.

La polverina gialla lo coordina a dovere

con il flusso della movida,

nel proselitismo di una religione notturna

il cui punto nevralgico è sintetizzato

dal motto di propaganda L’importante è che si rida!

 

Nella vegetazione dell’effimero è in trasferta,

ha radici in ogni porto e con loro ama stare sottocoperta.

 

Della vita Radicchio ha una visione alquanto amara,

con un retrogusto di grossolana introspezione

dissonante dall’anima metallara.

 

Roots ceppo 1


Caratteristica di Envy Endive è la rabbia

che fa di lei un personaggio scomodo

e fastidioso come la scabbia.

 

Il guscio duro racchiude e protegge la polpa

che lei rifiuta di offrire, neanche fosse una colpa.

 

Da un evento tragico del passato è segnata,

la perdita dei genitori in un incidente l’ha scioccata.

 

Dalla noia medio borghese

madre e padre tentarono di scappare

facendo giochi notturni

in una campagna particolare,

dove gli adulti si scambiavano di ruoli

per sentirsi meno soli.

 

Del contadino non avevano però tenuto conto

e in una mietitrebbiatrice finirono

sei ore dopo il tramonto.

 

Da allora le appaiono sotto forma di ectoplasmi pessimisti,

fantasmi ambasciatori di nefasti presagi,

nonché rinnovati esibizionisti.


Roots Ceppo 2


Gemelle, nella fattispecie siamesi,

sono Rucoletta e Valeriana,

di Envy Endive sorelle dai verdi accesi.

 

Differenti nell’aspetto, quanto nel carattere,

l’eccezione che conferma la regola

è il tema pertinente da dibattere.

 

Se certi legami sono talmente forti

da tenere unite due entità così diverse tra loro

è perché gli opposti si attraggono,

per cui se una porta zizzania

l’altra nel riposo trova ristoro.

 

Una convivenza forzata,

si potrebbe malignare,

piuttosto che una simbiosi

che in parassitismo tende a degenerare:

Rucoletta si lamenta dello scarso affiatamento

e del peso morto che sta alla sua sinistra,

Valeriana dorme noncurante di essere zavorra

per una sorella con la quale ben poco si registra.


Roots Grovigli 6


Per la calura sprizza allegria da tutti i dilatati pori,

cavalcando, della gaiezza manifesta, l’arcobaleno di colori.

 

Infervorato all’eccesso,

mai fidarsi di chi ride troppo spesso.

 

Nel suo ghigno c’è un non so che di sardonico,

una sfumatura che tradisce l’aspetto tutt’altro che istrionico.

 

Losco figuro dentro,

non è dato sapere di chi sia parente o se abbia un baricentro.

Di origine terrifica poiché ignota,

è un invasato, non piantato in vaso, fanatico iscariota,

una complessa personalità complessata,

il tipico diffidente mago dell’imboscata.

 

Si chiama Rodo, è ombroso, spigoloso e dall’ambiguo io,

difatti il coinquilino verde bile Dendro gli abita all’interno

ricoprendo, nel contempo, il ruolo dell’inquilino privo di brio.


Roots Grovigli 7

Tutto ciò che ruota attorno ad Aloe Vera

ha poco a che fare con la primavera,

ma i ritratti di famiglia sono importanti,

sia per i demoni che per i santi.


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Occulto e segretezza sono il dress code

per poter accedere alla verdeggiante, alternativa Area 51

popolata da un clan che degli eccentrici è il raduno.

 

Intrighi, cospirazioni,

in definitiva teoria del complotto e Illuminati,

i potenti del pianeta s’inchinano

dinnanzi alla lobby degli strampalati,

perché, sebbene anche nel mondo vegetale

oggigiorno vi sia tanta confusione,

i tempi sono maturi per una vitaminica rivoluzione.

 

D’altronde la stessa maturazione della disubbidienza avviene in sordina,

svelando il compiuto cambiamento dalla sera alla mattina.

 

E se l’ora più buia è quella che precede l’alba

sono comunque sessanta minuti tensivi

concessi pure ad Aloe per fissare la morente luna scialba;

sufficiente a renderla sbiadita, pallida, livida per l’arrivo del nuovo sole,

svilita, ugualmente, nell’immaginarsi relegata in ordinate aiuole.

 

Freme per il ritorno della notte,

in una struggente attesa detestabile quanto un girasole,

si sollazza perciò cantando coi sostenitori,

non prima di aver propinato loro un centrifugato

di pompelmo, limone, rafano, zenzero e wasabi,

per far schiarire le gole.


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Mistress confidenzialmente riconosciuta

da una comunità di assoggettati,

adeguatamente travestiti,

in borghese Aloe declina la responsabilità

di ruoli categorici e definiti,

quindi, in merito al beverone fluidificante,

non respinge la velata accusa

di switchare subdolamente

dal sadismo alla filantropia,

svia piuttosto il discorso

buttando tutto in dedizione alla famiglia,

appigliandosi all’amicizia che non è un’utopia,

giacché l’unione fa la forza e,

specialmente in un presente dal futuro poco chiaro,

ciascun componente di una band è più unico che raro.


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